Nuova Bull Run Bitcoin e Crypto: si decide TUTTO in CINA? Leggete QUESTO
Per mesi si è insistito su un prossimo ritorno della Cina sul mercato crypto e Bitcoin. Quasi nessuno però lo ha fatto senza avere un interesse chiaro nel spingere la narrativa.
La Cina pronta a riaprire alle cripto e a Bitcoin.
Di più, la Cina sarà il motore della prossima bull run.
La Cina renderà Tron valuta avente corso legale, e forse anche altre criptovalute dell'universo di Justin Sun.
Le dichiarazioni riportate hanno diverse cose in comune: sono sensazionali, sono bullish, vedono coinvolti gli stessi personaggi e sono probabilmente false.
Una narrativa partita già a ottobre 2022, quella del ritorno cinese e del probabile mercato rialzista, che ha preso più forza nel corso del 2023, complici delle novità normative a Hong Kong e qualche movimento strano di criptovalute altrettanto strane.
Per quanto è più che possibile che il mondo crypto viva un'altra grande stagione rialzista, quanto ci e vi stanno raccontando sulla Cina e sulle crypto andrebbe preso con quel pizzico di sale, e di buonsenso.
Il numero di oggi del Magazine di Criptovaluta.it è dedicato ad una narrativa usata, abusata e probabilmente falsata - dietro la quale si celano movimenti di denaro, interessi personali e societari e anche qualche battaglia legale a Washington.
Una guerra fredda 3.0 che si combatterà tra gli USA e Pechino, senza che però nessuno dei due ne sappia nulla.
Qui Pechino: della riapertura al mondo crypto nessuno sa nulla
Il Lontano Oriente è terra affascinante, dove tutto può accadere, dove si accumulano ricchezze incredibili e dove succedono fatti ancora più incredibili, almeno per noi occidentali, noi che viviamo a ovest di Timbuctù.
Già Il Milione di Marco Polo era infarcito di storie incredibili - nel senso di poco credibili - e il mondo crypto, che di fantasia e voli pindarici ne ha da vendere, non sembra essere da meno.
Il sunto dell'intera vicenda, che si trascina almeno dallo scorso ottobre, è il seguente: sarà la Cina - insieme a qualche suo satellite come Hong Kong, a invertire il trend, a farci dimenticare questo bear market e a riempire le tasche di tutti quegli eroi che non hanno mollato.
Ma è davvero così? Sulle pagine del nostro sito siamo stati sempre tra i pochi scettici.
Ma quando i fatti, almeno secondo le nostre analisi, ci danno ragione sempre meglio stare dalla parte giusta, quella della verità.
Tutto parte da Hong Kong
A parlare per primo di questo ritorno della Cina sullo scenario mondiale delle criptovalute è stato Arthur Hayes.
Fondatore di BitMEX, con alle spalle qualche problema legale legato all'exchange stesso e globetrotter per gusto e per investimento.
Uno che ne sa di crypto, ne sa di mercati orientali e che non nasconde un certo entusiasmo per il settore.
La Grande Cina, che comprende come ha specificato egli stesso in un suo lungo post su Medium Hong Kong, Cina Mainland, Taiwan e Macau.
Luoghi che hanno tutti un certo significato per il mondo delle criptovalute, in particolare Hong Kong, che è stata culla per Bitfinex, per BitMEX stesso e la stessa Cina Mainland, con OKCoin, Huobi, BTC China che hanno tutti avuto i natali da quelle parti.
Aggiungiamo noi, anche i miner sono stati, fino al grande crackdown, una questione principalmente cinese. E ancora oggi i principali produttori di hardware sono all'interno dei confini della Repubblica Popolare.
Ed è per questo che Arthur Hayes parla di ritorno. Perché non si tratta di un'apertura, ma di un ritorno alle origini dove tutto (o quasi) è nato. E a quei capitali che hanno garantito la scorsa bull run tra 2017 e 2018.
Suggestivo, interessante come ogni scritto di Hayes, ma probabilmente più complesso del pezzo a uso e consumo dei permanent bull.
Hong Kong = Cina?
Questo il sottotitolo di uno dei paragrafi forse più interessanti dello scritto di Hayes, che ritiene, come molti che hanno sposato questa teoria del ritorno cinese.
Il grosso dei capitali a Hong Kong sarebbe di origine cinese, lo stesso vale per i turisti, lo stesso varrebbe anche per i nuovi business.
Hong Kong, che è tornata sotto il controllo cinese da un ventennio, sarebbe soltanto una protesi, secondo Hayes, dell'apparato economico cinese, della sua classe più abbiente e più in generale di chi potrebbe tornare ad alimentare il mercato delle criptovalute.
Ma perché tanta attenzione su Hong Kong?
Il primo giugno 2023 c'è stata un'inversione di marcia a Hong Kong: nella piccola città stato è tornata la possibilità per gli exchange di offrire trading di criptovalute anche agli investitori retail, i piccoli investitori che fino ad allora ne erano stati esclusi.
Gli exchange hanno potuto già ottenere una licenza provvisoria e successivamente a controlli e al completamento di determinate procedure, potranno ottenere quella definitiva.
La mossa ha attirato diversi player del settore e anche diverse aziende del settore blockchain, spinte anche da una politica piuttosto accomodante delle banche in concomitanza con una chiusura a riccio degli Stati Uniti spinta da regolatori e da banche poco avvezze al rischio.
Ci sono però fattori che vanno considerati prima di ritenere l'apertura di Hong Kong come definitiva e rivoluzionaria.
Sono ammesse solo poche criptovalute
Siamo lontani dagli standard europei, dove gli exchange possono inserire a listino quanto ritengono più interessante per i propri clienti.
Le regole a Hong Kong sono rigide: per poter offrire una criptovaluta specifica ai propri clienti, questa deve essere inserita almeno in due indici che siano scambiati in borse regolamentate.
Tali fondi devono essere gestiti da società della cosiddetta finanza tradizionale.
Chi è effettivamente ammesso
Criteri così restrittivi rendono possibile, per ora, gli scambi di criptovalute a Hong Kong soltanto su Bitcoin, Ethereum, Bitcoin Cash, Polkadot, Solana, Cardano, Avalanche, Polygon Matic, Chainlink, The Sandbox e Axie Infinity, insieme a stablecoin come USDT di Tether e USDC di Circle.
Sufficiente per vedere un riversamento massiccio di capitali a Hong Kong? Probabilmente sì. Apertura totale e esperimento che probabilmente verrà riproposto in Cina Mainland?
Difficile a credersi quando il primo passo è stato così cauto.
Tornare alla narrativa: Justin Sun
I più attenti tra i nostri lettori si saranno certamente accorti del più grande agitatore di questa propaganda pro bullrun cinese.
È una vecchia conoscenza del mondo crypto, e anche del nostro Magazine, che è nato proprio con uno speciale su di lui.
Buona parte della narrativa della quale ci occupiamo in questo numero è partita infatti da Justin Sun, fondatore di Tron e di altri innumerevoli (e talvolta innominabili) progetti, chiacchierato come amico quasi segreto di Changpeng Zhao, anche lui nei guai come il sodale di Binance negli USA e... personaggio decisamente fuori dagli schemi.
Un essere fuori dagli schemi che talvolta si ripercuote anche nelle modalità con le quali cerca di dare diffusione alle proprie idee, spesso sostenuto da community crypto che nell'ingigantire notizie o inventarle di sana pianta non sono, purtroppo, seconde a nessuno.
Tassazione in Cina sulle crypto vuol dire riapertura a breve
La prima volta che abbiamo visto Justin Sun insistere su un pronto ritorno delle criptovalute in Cina è stata quando il capo di Tron ha commentato la notizia di un'imposizione fiscale del 20% su ogni transazione cripto a carico di alcuni grandi trader con residenza in Cina.
Se tutti ci hanno visto poco di più di una multa ex post, Justin Sun ci ha invece visto il segnale di un prossimo riavvicinamento di questi due mondi.
Se le tassano, dice, vuol dire che presto le riconsidereranno.
Tutto questo in un contesto, quello cinese, dal quale arrivano notizie spesso abborracciate, poco chiare, frammentate e con pochi giornalisti in grado di offrire un commento superpartes.
CNHT, TCNH, i due stablecoin ancorati allo Yuan Cinese
Altro motivo di eccitazione per Justin Sun è stata l'emissione da parte di Tether e di TrueUSD di stablecoin ancorati allo yuan cinese, rigorosamente controllati al di fuori del territorio della Cina e che secondo Sun avrebbero spinto la prossima bull run.
Possibile? Chissà.
Sta di fatto che ad oggi la capitalizzazione di CNHT di Tether vale poco più di 20 milioni di dollari, praticamente in linea con un altro stablecoin che non interessa a nessuno, ovvero il Peso Messicano in MXNT.
Per innescare una bull run, non ce ne voglia Justin Sun, serviranno ben altri numeri.
Non è chiaro neanche perché supposti investitori cinesi dovrebbero trovarsi a maggiore agio con uno stablecoin offshore ancorato allo yuan rispetto al più solido USDT, che è lì, esiste e non dispiace neanche a Justin Sun.
Ma quando c'è bisogno di creare una narrativa o comunque di spingerla, tutto fa brodo.
Ancora una volta l'apertura di Hong Kong
Che è stato l'evento catalizzatore delle attenzioni durante i primi mesi del 2023, privi di grosse novità e dominati dalla noia fino allo sbarco sulla luna Bitcoin di BlackRock.
E qui si incrocia la storia personale e imprenditoriale diJustin Sun con la necessità di una certa narrativa. Huobi, del quale è diventato azionista e principale investitore, è stato tra i primi exchange a richiedere licenza a Hong Kong, all'interno di un trend terribile per l'exchange sia in termini di depositi dei clienti che di volumi.
Una storia che i biografi di Justin Sun avranno visto ripetersi già più volte: di fronte alle difficoltà, cercare di alzare sempre la posta. Fino a oggi sembrerebbe essergli andata sempre più che bene.
Anche CZ crede nella Cina?
Sì, e non ne ha mai fatto mistero. Su questo tema sembrerebbe essere in linea tanto con Arthur Hayes quanto con Justin Sun, che in molti accusano di essere amico fidato e di aver incrociato la sua storia con quella di Binance a più riprese.
Il caso del video su CCTV
CCTV è la RAI cinese. È seguita da più di un miliardo di persone in patria e da tutti o quasi i cinesi della diaspora, o almeno così dicono.
Quanto afferma, quanto dice, quanto riporta ha un bacino di utenza che forse altre TV possono soltanto sognare.
Alla fine di maggio la TV ha trasmesso un servizio sulle criptovalute insolito, data la politica fortemente restrittiva in Cina sulle cripto.
CCTV (China Central Television) ha appena trasmesso [un servizio sulle, NDR] criptovalute. È una questione importante. Le comunità cinesi ne stanno parlando. Storicamente, coperture come questa hanno portato a delle bull run.
Questo il messaggio che Changpeng Zhao ha affidato a Twitter lo scorso 24 maggio, in realtà piuttosto insolito per CZ, che difficilmente si esprime sulla Cina dato anche il tormentone razzista che lo disegna come una pedina del Partito Comunista Cinese soltanto per le sue origini.
L'indice sui virtual asset di HKVAC
L'agenzia di rating di Hong Kong HKVAC ha inaugurato lo scorso gennaio un indice sulle principali criptovalute, che comprende oltre ai pesi massimi BTC e ETH anche BCH, LTC, BNB, ADA, ATOM, DOGE e altri.
Una notizia ritenuta importante il giusto da quasi tutti, ma non da CZ, che ebbe a Twittare:
HK fa passi avanti.
La questione USA
Dietro l'impegno di CZ, per quanto inferiore a quello di Justin Sun, c'è la possibilità di inquinamento da parte del wishful thinking, quei desideri che desideriamo tanto che diventino realtà al punto da trattarli come tali.
Binance sta vivendo il suo peggior periodo di sempre: una causa intentata da CFTC ha chiuso praticamente i rubinetti bancari a Binance negli USA e ha visto anche defilarsi i market maker più importanti.
Il rinforzo della causa di SEC ha portato in prossimità della chiusura la divisione americana dell'exchange e, vada come vada, il mercato americano sarà forse permanentemente bandito dagli orizzonti di Binance, o comunque fortemente ridotto.
È certamente interesse di un exchange che ha avuto storicamente problemi negli USA che si sviluppi una narrativa lontano dagli USA, magari in territori più aperti alle nuove tecnologie e anche pronti ad offrire accesso bancario.
Questione che è la prossima che va affrontata in questa ricognizione di quanto sta avvenendo dalle parti di Hong Kong (e per qualcuno dalle parti della Cina).
Le Banche di Hong Kong pronte ad accettare, a braccia aperte, i clienti crypto
È stata addirittura l'autorità monetaria di Hong Kong a spingere le grandi banche private ad accogliere a braccia aperte le aziende crypto che si sarebbero traferite di lì a poco a Hong Kong.
La notizia è stata diffusa, a nostro avviso almeno in parte a arte, da Financial Times al picco della guerra bancaria che gli USA hanno scatenato contro Binance e contro i principali exchange.
La narrativa di quei giorni, ancora forte per motivi che vedremo tra poco, era che Hong Kong avrebbe sottratto aziende, denari, risorse, menti brillanti e possibilità di profitti ad un'America un po' stanca, un po' imbolsita e che combatteva una guerra senza senso contro aziende anche autoctone come Coinbase.
Anche questa una narrativa esagerata? Chissà.
I nomi coinvolti - senza che poi però se ne sia saputo nulla - includevano HSBC, Bank of China (wow) e Standard Chartered. Possibile, interessante, ma ancora probabilmente non abbastanza.
Il fronte americano: lo spauracchio cinese agitato da Coinbase
Le battaglie legali sono anche la battaglia di due storie a confronto, delle quali si dovranno cercare di convincere giudici e ove presenti giurie. Coinbase è nei guai con SEC, che ha denunciato l'exchange per aver trafficato in criptovalute che in realtà erano security e che dunque sarebbero oggetto di registrazione preventiva.
Coinbase, al contrario di quanto fatto da Kraken, non ha cercato accordi, ma ha ben pensato di dare battaglia e di coinvolgere anche forze politiche, think tank, specialisti e influencer del mondo legale. Il rischio agitato da Coinbase?
La possibilità che altre giurisdizioni finiscano per accaparrarsi un business ricco, ancora nascente e che potrebbe cambiare per sempre il mondo della finanza.
Il Partito Comunista Cinese sta promuovendo queste piattaforme potenti, rapidamente scalabili, in tutto il mondo con il suo programma Belt and Road, con il suo sistema di crediti sociali inserito all'interno. E con il recente lancio dello yuan digitale [la CBDC di Pechino, NDR], punta a sfidare direttamente il dollaro USA e il suo ruolo globale nei commerci. [...] Ora è il tempo giusto per il Congresso per sfruttare questa opportunità storica presentata dalle cripto, e approvare una legislazione completa che salvaguardi i consumatori e che aiuti l'innovazione.
Gli spauracchi, da quando esistono le organizzazioni politiche, hanno spesso funzionato. Catone, nel 157 AC, portò un cesto di fichi in Senato dicendo che era stato raccolto a Cartagine, invitando tutti a prendere sul serio la preoccupazione di un nemico così vicino da permettere l’arrivo di fichi in tempi in cui non esistevano i frigoriferi.
Brian Armstrong certamente non chiederà la distruzione della Cina, ma potrebbe essere mosso, nel raccontare di un nemico sì potente, da interessi personali e aziendali. In questo caso sono due.
Il primo è Coinbase, exchange che è stato appunto messo sotto torchio da SEC e che vede una parte rilevante del suo business in pericolo.
Il secondo è USDC, di Circle e al quale Coinbase partecipa con capitale e alla governance, che oggi frutta all'exchange somme importanti - e ancora più importanti in un periodo di magra sul fronte dei volumi.
Preoccupazione sincera per il destino dell'America o interessi personali? Probabilmente un po' di tutt'e due. Cosa che però dovrebbe portarci a ridimensionare la questione cinese sulle cripto.
E anche le possibilità che ci siano svolte a breve.
La Cina risponde: il nuovo capo della Banca Centrale è un noto nemico di Bitcoin
Dopo mesi di chiacchiericcio e di voli pindarici intellettuali, è arrivata la risposta cinese sul tema.
Il nuovo segretario di partito alla Banca Centrale Cinese è infatti Pan Gongsheng. Fino al suo più recente incarico era a capo del regolatore degli scambi monetari e a breve si siederà su una delle sedie più importanti di tutto il Celeste Impero.
Potrà aiutare un ritorno a più miti consigli da parte della Cina? Ne dubitiamo.
Se ti siedi sulla riva del fiume a guardare, un giorno vedrai galleggiare il cadavere di Bitcoin.
Non esattamente un'opinione che considereremmo di apertura a Bitcoin, tantomeno al mondo crypto. La sua opinione sarà ininfluente? Può essere. Ma che si prenda una decisione così importante mentre vengono promosse opinioni così decise sembrerebbe esser difficile. Soprattutto mentre si farà da parte Yi Gang, che invece aveva detto di ritenere Bitcoin fonte di ispirazione.
Separare il grano dal loglio: trust no one
Per quanto non sia certamente né reato né moralmente abietto tirare acqua al proprio mulino, si ritiene su questo settimanale che la narrativa cinese che spingerà la prossima bull run sia stata ingigantita da personaggi che hanno i loro legittimi interessi a mantenere l'attenzione alta e anche l'aspettativa di un sogno che presto si realizzerà.
I fondamentali sono ancora fiacchi: c'è una parziale riapertura a Hong Kong - che poco vuol dire per il mercato cinese in quanto tale (tra le altre cose potranno fare trading solo i residenti a Hong Kong!) - e che è stata oggetto di grandi attenzioni anche per la concomitanza di un periodo di noia assoluta coinciso con i primi mesi del 2023.
A muovere i mercati in modo più deciso è stato, ancora una volta, il Sogno Americano. Un sogno che questa volta ha preso la forma dell'ETF Bitcoin Spot di BlackRock e di altri gestori - e che racconta ancora una volta la centralità, nel mercato dei capitali e di quello delle criptovalute di Washington.
Tutto questo mentre il grosso dei soggetti citati all'interno di questo approfondimento, che riteniamo i principali attori di questa rappresentazione, hanno avuto tutti a diversi livelli motivo di giusto malcontento verso le ultime mosse degli USA.
L'arrivo di BlackRock potrebbe segnare una svolta epocale anche per la struttura del mercato crypto - che non necessariamente però inizierà a parlare cinese, dopo che lo ha fatto per una buona parte della sua vita come correttamente ricordato da Arthur Hayes.
Una nota sulle destinazioni esotiche
Nonostante la riapertura a Hong Kong fosse a poca distanza, sia Coinbase che Gemini hanno scelto di attivare nuove unità alle Bermuda. Una scelta facile da comprendere: la gestione dei derivati, cosa che interessa maggiormente i due player, è legalmente più semplice da qui. Ed è impossibile a Hong Kong.
Se è vero che gli USA potranno perdere il primato nel mondo crypto - che in realtà non hanno mai avuto al 100% - non è detto che la destinazione sia necessariamente il Lontano Oriente, per quanto stiano avvenendo movimenti certamente interessanti.
Non solo a Hong Kong, ma anche in Giappone, a Singapore (dove sono arrivate però altre restrizioni) e in Corea del Sud. Paesi che però, a diverso titolo, sono sempre stati al centro del mondo crypto.
Il takeover sarà della finanza tradizionale USA?
L'altra teoria che si dovrà valutare nei prossimi mesi è se l'attacco a Binance, Coinbase e a tutte le banche che avevano rapporti con il mondo crypto sia stato più funzionale a paesi esteri o al sistema finanziario tradizionale americano. I più cinici e sospettosi ritengono che sia già così. Noi che vogliamo fare del dubbio la nostra strada maestra, vi invitiamo ad un aggiornamento nel corso dei prossimi mesi.
Quel che è certo è che nella classifica degli appetiti per il mondo crypto, non riteniamo che la Cina sia nella top 5. E forse neanche nella top 10. Si sta muovendo tanto a El Salvador (anche sotto il profilo del mercato dei capitali), in Kazakistan ,in tutto il Sud America e in misura minore anche in Europa. Dubai e Svizzera sono già culla di diversi conglomerati, le Bermuda si stanno affermando come destinazione ideale per i derivati e le Seychelles ospitano diversi exchange di grandi dimensioni.
Di luoghi dove accasarsi, nonostante i profeti di sventura, continuano a essercene tanti. E qualcuno è ancora alle Bahamas nonostante il caos FTX.