Ultimo assalto alle crypto: Gary Gensler le vuole DISTRUGGERE!
Gary Gensler prepara il suo attacco finale al mondo crypto, ignora le richieste del Congresso e si dice pronto a continuare per la sua strada. Intanto in Europa arriva il MiCA...
Il mondo crypto e Bitcoin è nel mezzo di una tempesta atlantica. Da ovest le spinte repressive di Washington, dall'altro le torbide aperture di Bruxelles che vota sul MiCA, il complesso di regole che imbriglieranno il settore nel futuro.
C’è però una terza opzione: lasciare per sempre vecchio e nuovo continente per dirigersi verso i paesi emergenti. Secondo una certa narrativa Hong Kong, Cina, Singapore e altri starebbero aspettando a braccia aperte gli exchange e i progetti in fuga.
Sì, è una storia di regole. Sì, è una storia di dominio sulla finanza mondiale. È una storia di pirati e di corsari, di soggetti più o meno propensi al rispetto della legge. E infine una storia di soldi, tanti soldi.
Gary Gensler è Judge Dredd
I più giovani tra i nostri lettori non conosceranno Judge Dredd e avranno bisogno di un breve riassunto. Dredd è un vecchio personaggio dei fumetti, portato poi sul grande schermo da Sylvester Stallone in Dredd - La legge sono io.
Un polpettone distopico di 1 ora e mezza durante il quale tale Dredd, al di sopra della legge - e che anzi è egli stesso legge - prova a riportare ordine in megalopoli violente e corrotte.
Metaforicamente sono le megalopoli del mondo crypto, almeno secondo la visione di Gary Gensler, che nella riedizione di un film distopico vorrebbe essere lui stesso il protagonista.
La questione, che maturava da tempo, è emersa martedì 18 aprile, con il capo di SEC che è stato malvolentieri ospite della Commissione Servizi Finanziari del Congresso USA.
Credo che le attuali leggi e le nostre prerogative siano sufficienti per regolare il mercato delle criptovalute.
Una frase che nasconde un'intera filosofia, un'agenda programmatica e i prodromi del mondo crypto che verrà, almeno negli Stati Uniti.
La situazione attuale negli USA: commodity vs security
Chiunque sia passato anche soltanto vicino al mondo crypto avrà già sentito parlare di commodity e security riferite a questa o a quella criptovaluta. È una distinzione irrilevante in Europa e in Italia, ma fondamentale negli Stati Uniti.
Le security sono più ampiamente i contratti di investimento: secondo le leggi USA un investimento in denaro in un'impresa comune con l'aspettativa di profitto che derivi dal lavoro degli altri.
Nessuna di queste 18 parole è lì per caso. Le commodity sono invece materie prime in senso largo e in modo più specifico tutti quegli asset che non dipendono da un'organizzazione (al contrario delle azioni, ad esempio) ma il cui prezzo fluttua soltanto per le forze della domanda e dell'offerta.
Per ora accontentiamoci di sapere che Bitcoin è storicamente considerato anche negli USA una commodity. Su tutto il resto invece vi è una battaglia feroce tra due agenzie.
Perché è una distinzione importante negli USA
Perché le security e i loro mercati sono sotto il controllo e la vigilanza di SEC. In aggiunta il mercato delle security deve sottostare ad obblighi di registrazione, di controlli incrociati e di tutta una serie di altri adempimenti che lo rendono poco pratico.
Se potessero decidere, i leader dei progetti cripto preferirebbero non essere mai nel campo delle security. Ci sono obblighi anche per chi commercia commodity, in particolare se si tratta di scambi o exchange, ma nulla di paragonabile alle strettoie del mondo security.
Il mercato delle commodity dipende in termini di vigilanza da CFTC, che storicamente è stata molto più morbida con il mondo crypto, anche se non completamente inerte.
Come si stabilisce se un asset crypto è una security o una commodity
Qui abbiamo il primo problema. Non esiste un modo univoco per decidere a priori cosa sia una security e cosa non lo sia.
Il più delle volte si ricorre all'Howey Test, un test che è stato desunto da una famosa causa di fronte alla Corte Suprema, che riguardava degli investimenti in frutteti - nello specifico alberi d'arance. Ricordate le 16 parole magiche di prima?
Un investimento in denaro
È il più debole dei requisiti. Se è stato investito del denaro, potremmo essere potenzialmente davanti ad un contratto di investimento / security. Questo vale sia sul mercato primario - che è quello dell'emittente dell'eventuale token (pensate a Ripple che vende direttamente i suoi $XRP a diversi investitori), sia sul mercato secondario, che è quello degli exchange.
In un'impresa comune
Il secondo criterio è molto più complesso ed è stato esplicitato da diverse corti statunitensi in modo radicalmente diverso.
IMPRESA COMUNE IN SENSO ORIZZONTALE: è il metodo che è stato utilizzato da tre diversi circuiti giudiziari negli Stati Uniti. In questo caso a rilevare è il pooling di risorse finanziarie. Gli investitori destinano il proprio denaro ad un'impresa comune - magari ricavandone quote - ma senza che ciascuno mantenga direttamente il denaro che ha versato. In altre parole dovrebbe esserci commistione completa tra il denaro che viene conferito dagli investitori.
IMPRESA COMUNE IN SENSO VERTICALE: è storicamente minoritario. In questo caso ad esser fondamentale è il rapporto tra i promotori e gli investitori. I successi dei secondi devono dipendere, affinché si parli di impresa comune dagli sforzi e dai successi dei primi e cioè dei promotori. SEC ha sempre affermato di fare riferimento ad un incrocio tra questi due concetti, così come fatto spesso da diverse corti americane.
Con l'aspettativa di profitto
Questa parte dell'Howey Test attiene al perché l'investitore stia destinando il proprio denaro al contratto di investimento. Lo sta facendo per ottenere un profitto? Il criterio è rispettato. Lo sta facendo invece per conservare patrimonio e ricchezza nel tempo? Potrebbe non essere contratto di investimento.
Che derivi dallo sforzo di altri
È un criterio importante e quello che molte criptovalute provano ad utilizzare per chiamarsi fuori dal novero delle security. In un contratto di investimento la possibilità di profitto deriva dallo sforzo del gruppo che controlla il tutto: organizzativo, lavorativo, di promozione. L'assenza di questo punto è evidente per Bitcoin: non esistono società che lo gestiscono, non c'è chi lo "vende" e ha controllo sul suo andamento, non ci sono organizzazioni che lo controllano.
I quattro aspetti devono essere tutti presenti: basta che ne manchi uno per mandare tutto all’aria. Quanto è buono e chiaro questo test? A guardare il numero di cause che hanno coinvolto il test - anche al di fuori del mondo cripto - molto poco. Non è di questa opinione però Gary Gensler.
Le leggi sono sufficientemente chiare.
Ho creato una crypto, è una security: cosa dovrei fare?
Se non viene offerta negli USA, a soggetti USA o su piattaforme USA assolutamente niente. Se invece l’intenzione è quella di proporla anche sul mercato statunitense, secondo Gary Gensler dovresti:
Come in and register
Andare da SEC e registrare la tua crypto come security, spendere almeno un paio di milioni, aspettare 18-24 mesi e poi forse ricevere l'approvazione.
Ci sono riusciti in pochissimi tra i tanti che ci hanno provato, a prescindere che si trattasse o meno di una vera security.
E se avessi un exchange?
Come sopra. Gli scambi, virtuali o fisici, di security devono registrarsi sempre con SEC e seguire procedure lunghe e costose e successivamente sottostare a regole articolate - e con altri costi coinvolti.
Se le persone di buonsenso non si fidano di quanto raccontano i progetti crypto riguardo l'impossibilità di registrarsi in tempi utili o con procedure chiare, sarà il caso di stare attenti a quanto riportano invece gli exchange.
In una recente audizione al Congresso presso la rilevante commissione hanno tutti lamentato l'assenza di procedure chiare e di assistenza da parte di SEC per la procedura di registrazione.
Da un lato Gary Gensler indicherebbe come necessaria la registrazione e poi davanti al fatto risponderebbe con un boh, nel momento in cui viene interpellato sulle regole.
Gary Gensler: "Il business crypto è nato e si sviluppa sulla violazione di regole"
Anche questa è un'opinione forte di Gary Gensler riguardo il mondo crypto. Durante la recente audizione di fronte alla Commissione Servizi Finanziari del Congresso non solo ha ribadito l'esistenza di regole chiare, ma ha anche affermato che il settore crypto non ha alcuna intenzione di seguirle perché l'intero business model si reggerebbe sull'aggiramento di tali regole.
Sulla questione sarà il caso di tornare più avanti, quando sarà chiaro l'intero apparato del quale Gary Gensler è a capo e quale battaglia è in corso: non riguarda soltanto le criptovalute, ma il potere sui mercati finanziari di tutto il mondo e anche su qualche brandello di giurisdizione degli Stati Uniti.
Torniamo sui banchi: la complessa questione dei contratti di investimento
Sembrerà un cavillo, ma è importante per capire di cosa stiamo parlando. Il contratto di investimento si qualifica al momento della compravendita ed è relativamente separato dall'oggetto della stessa. Scritto in parole più comprensibili per gli umani, un determinato asset può essere in un certo momento e in una certa compravendita un contratto di investimento o security e in un'altra no.
Il caso che ha contribuito a definire la disciplina delle security negli USA riguardava un frutteto - e non sarà difficile comprendere che non sempre le compravendite o noleggi di frutteti (in quel caso di aranci) non siano sempre dei contratti di investimento.
Lasciando la frutta da parte, la questione è importante anche per le criptovalute.
Il fatto che in un determinato momento della sua esistenza una criptovaluta sia stata una security non la condanna per sempre a questa categoria.
Il caso di scuola è quello di Ethereum: secondo SEC - o meglio, secondo diversi esponenti di SEC - $ETH sarebbe stato una security almeno nella fase iniziale della propria vita, salvo poi acquisire un certo livello di decentralizzazione e dunque uscirne.
Gary Gensler è tornato ora alla carica, tirando in mezzo lo staking, ma non è questo il punto che deve interessarci in questa fase.
La questione è importante per gli exchange: il fatto che un determinato asset sia stato in un certo momento della sua vita una security non vuol dire che lo sarà per sempre.
Data questa impostazione, dovrebbe risultare ancora più evidente l'ostruzionismo di SEC, che prende la forma di rifiuti di categorizzare gli asset e di assistere gli exchange che vorrebbero registrarsi.
Una guerra che non riguarda soltanto le criptovalute
Ognuno guarda al proprio ombelico, spesso perdendo la visione d'insieme e le altre questioni importanti che riguardano uno stesso caso.
Gli appassionati di criptovalute e Bitcoin (talvolta su schieramenti opposti) tendono a considerare le mosse di Gary Gensler come parte di una guerra esclusiva tra mondo crypto e mondo delle istituzioni federali americane.
Non è propriamente così, o forse sarebbe il caso di dire che non è solamente così.
La guerra tra SEC e CFTC
Chiunque abbia visto un film americano conosce il volksgeist di quelle parti, che si sprime la tendenza tra diversi poteri federali (e statali) a darsi battaglia sul chi comanda dove e perché.
Il poliziotto non vede di buon occhio gli agenti dell'FBI, lo sceriffo sopporta malvolentieri l'arrivo dei Federali, le autorità finanziarie statali soffrono a denti stretti l'intervento di SEC o dell'authority bancaria federale.
Lo stesso sta avvenendo tra SEC e CFTC. In ogni documento di denuncia che consegnano alle corti provano a inserire più crypto-asset possibili, la prima definendoli security, la seconda ribadendo che invece si tratta di commodity.
Il perché dovrebbe essere chiaro: ciascuna delle due agenzie vuole estendere il suo dominio, che vuol dire maggiore giurisdizione, maggiore importanza per la propria agenzia e anche accesso a fondi federali più cospicui.
Che si stia combattendo una guerra di questo tipo è ovvio per chi segue le cose americane da qualche tempo, anche limitatamente al mondo delle criptovalute.
Gli USA contro il mondo
Ne abbiamo parlato nel numero dedicato al caso Binance e ci siamo trovati in buona compagnia a farlo, dato che è della nostra stessa opinione anche Matt Levine di Bloomberg.
Gli USA - principalmente tramite CFTC - starebbero cercando di tagliare fuori gli exchange dall'accesso ad una clientela sofisticata, liquida e in grado di muovere capitali importanti.
Estendendo il proprio dominio sulle cripto e pungolando gli exchange ogniqualvolta ce ne sia la possibilità, vogliono dare le carte per tutte le partite finanziarie del mondo.
Le cripto non piacciono - almeno all'attuale amministrazione - e ancora meno piacciono gli exchange, che hanno accumulato enormi fortune e che sono in grado di giocarsela con i principali dealer dei mercati classici.
Il controllo dei flussi di denaro
Bitcoin e qualche altro protocollo crypto permettono, almeno potenzialmente, di scavalcare un canale/arma saldamente nelle mani degli Stati Uniti.
Parliamo di SWIFT, che ormai da qualche tempo viene utilizzato anche per scopi di politica internazionale.
Chi è fuori da SWIFT è di fatto fuori dal mondo del commercio internazionale e può rientrarvi soltanto tra enormi difficoltà e senza accesso al dollaro USA.
Sebbene sia presto per considerare il mondo crypto capace di sostituire SWIFT - una minaccia del genere va annientata o quantomeno controllata il prima possibile.
A prescindere dalle colpe russe nel recente conflitto in Ucraina, l'aver escluso il grosso delle banche di Mosca da SWIFT sembra sia stato per molti stati il campanello d'allarme, il canarino morto in miniera.
SWIFT non è indipendente e affidarvi la sopravvivenza o la prosperità del proprio paese potrebbe non essere una buona idea.
L'altra guerra, quella interna al mondo Bitcoin vs Crypto
Non tutti si preoccupano e si lamentano delle azioni di Gary Gensler. Basta fare un salto su Twitter per rendersi conto di come certe azioni in libertà del capo di SEC riscuotano un certo favore da parte di alcune delle frange più integraliste del mondo Bitcoin.
Sembrerà un controsenso - e per spiegarlo sarà necessario tornare un po' indietro nel tempo, per quanto breve sia la storia del mondo cripto.
Shitcoin come concorrenza a Bitcoin
La lettura non è certamente maggioritaria, ma ha un nucleo importante che la sostiene. Bitcoin è re incontrastato della capitalizzazione di mercato e se la passerebbe ancora meglio se una parte di capitali non finissero da Ethereum o da altri progetti prontamente bollati come shitcoin.
Le security non registrate non possono avere cittadinanza negli USA
Dichiarare tutto ciò che abbia la forma di token come security non registrata vuol dire dichiararne la morte civile negli Stati Uniti. C'è tutto il resto del mondo, ma capirete bene che non è neanche lontanamente attrattivo come il mercato dei capitali statunitense.
Sono scam, difenderne l'esistenza è truffaldino
Chi sostiene questa tesi è forse minoritario nella community dei bitcoiner più arcigni, ma comunque esiste. Dato che tutto ciò che non è Bitcoin è certamente una truffa - dicono loro - allora schierarsi a loro favore sarebbe come sostenere dei truffatori.
Gli exchange centro di malaffare
Shitcoin casinò o forse anche peggio. Gli exchange hanno fatto miliardi sulla pelle - dicono sempre loro - di tanta povera gente. Se subiranno persecuzioni per mano di SEC tanto meglio. Non serve mettersi a cavillare, non serve difenderne il diritto a esistere.
Bitcoin è salvo: anche SEC crede che sia una commodity
La convinzione che porta alla non preoccupazione è la seguente: SEC ha più volte accettato la lettura di CFTC riguardo Bitcoin: è una commodity e dunque non può essere sottoposto a certe regolamentazioni.
E comunque è nato proprio per evitare certe ingerenze. Ci sono però dei problemi importanti con questa lettura.
È vero che CFTC ha dichiarato più volte Bitcoin come commodity, ma ha fatto lo stesso con Ethereum e con altri token che ora invece sono nelle mire di SEC.
Basarsi su quanto detto da CFTC non è garanzia sufficiente che in futuro qualcosa non andrà a cambiare.
È vero che sarebbe difficile applicare l'Howey Test a Bitcoin, ma è altrettanto vero che SEC ha dichiarato pubblicamente di essere pronta a tirarlo per entrambe le cime fino ad allargarlo a sufficienza da colpire qualunque cosa.
Dati i comportamenti recenti, che hanno colpito anche degli stablecoin, c'è poco di cui stare tranquilli.
No, Bitcoin non è una security
Ci sono diversi studi che puntano a indicare Bitcoin come security. Il primo problema con questo tipo di letture è che arrivano tutte da progetti sedicenti concorrenti di Bitcoin, come Bitcoin SV.
Il secondo problema è che le argomentazioni che utilizzano non sono solide.
C'è chi afferma che la presenza di miner sia quel common enteprise e quello sforzo di terzi dell'Howey Test, dimenticando che i miner si limitano a offrire infrastruttura, come se fossero una sorta di Amazon AWS. E che non hanno alcun potere sul protocollo di Bitcoin.
Chi sarebbe così stravagante da ritenere che tra un sito ospitato da AWS e Amazon stessa ci sia una common enterprise, o che il guadagno del sito dipenda dallo sforzo di altri?
Certo, in senso proprio dipende anche da quello sforzo, ma l'Howey Test è in questo aspetto chiaro: lo sforzo deve essere dei promotori stessi dell'investimento. È per questo motivo che SEC ha avuto vita facile nel portare in tribunale Ripple e anche nel portarvi Justin Sun, TRON e $BTT.
In Europa gli strumenti sono diversi, ma la musica potrebbe diventare la stessa
Con il penultimo passaggio per voti del MiCA - il complesso di regole che andrà a regolamentare crypto e operatori del mercato - è escluso che la questione sia rivista ulteriormente.
L'Europa ha deciso di trattare i crypto asset come categoria a se stante non applicando, come nel caso degli USA, leggi del secolo scorso.
Per molti apparirà come una vittoria: ci sarà un impianto di regole ritagliato appositamente sulle necessità di questo settore, che non cerca similitudini laddove non ce ne sono e che dunque finirà anche per attirare business che fuggono dagli USA.
In realtà le cose - ma ne parleremo in un altro numero del Magazine - sono più complesse di così. Il MiCA rende evidente come anche dalle parti di Bruxelles non ci siano poi questi atteggiamenti distesi nei confronti delle cripto - basti pensare al limite di 1.000€ ai pagamenti contro i 7.000€ per il contante.
E non c'è neanche riconoscimento dei propri limiti: gli exchange dovranno avere certe garanzie patrimoniali e sottoporsi a certi controlli. Controlli costosi, che verranno riversati sui clienti, i quali troveranno così sempre più attrattive realtà offshore che a tali controlli non devono sottoporsi.
Il tutto in un quadro generalmente punitivo per i cosiddetti self-hosted wallet, i wallet che gestiamo per conto nostro e che non sono presso entità terze. Una pratica che è la più sicura e che metterebbe davvero gli utenti al riparo da certi exchange truffaldini.
Ma in quel caso a rimetterci sarebbero, potenzialmente, tanto l'erario quanto le capacità di controllo delle autorità pubbliche. E chiaramente, in un contesto del genere, la sicurezza degli utenti che si vorrebbe tanto proteggere non può che cedere il passo.