Tutto quello che quasi nessuno ha capito sull'ETF Bitcoin Spot
Ci siamo quasi. Siamo tutti un po' stanchi di parlarne, ma la grande confusione non ha aiutato a capire perché è così importante
Caro investitore,
ti sarai lasciato trascinare anche tu dal grande entusiasmo dovuto all’arrivo (ormai quasi certo) dell’ETF Bitcoin Spot negli Stati Uniti.
Mentre affidiamo alle rotative digitali l’ultimo numero del Magazine manca ancora l’approvazione da parte di SEC, l’authority che negli Stati Uniti vigila sui mercati.
In troppi ne hanno fatto soltanto una questione di denaro: arriveranno nuovi capitali e chi ha comprato a livelli più bassi di quelli di oggi non potrà che guadagnarci. C’è molto di più, che si è perso nella confusione tra decentralizzazione che verrà meno e su qualche vecchia - e giustificata - antipatia del nucleo centrale dei bitcoiner verso la finanza tradizionale.
Ci sono tante, troppe questioni che sono passate in secondo piano. E che cercheremo di chiarire una volta per tutte a pochi giorni dall’arrivo di prodotti che, volenti o nolenti, cambieranno per sempre la natura di Bitcoin come asset.
Sì, come asset, che è solo metà della storia.
L’Europa è un nano finanziario
I più cinici hanno scritto su X, su Nostr, su Telegram e forse anche sui muri che c’è poco di cui entusiasmarsi. Prodotti simili esistono già in Canada e nell’Unione Europea. Hanno raccolto non un granché - e questo sarebbe segnale dello scarso interesse che tali prodotti sono in grado di suscitare.
Ci sono diversi ma a questa interpretazione, eccessivamente semplicistica.
Canada e Europa sono due nani finanziari
Sì, il primo è un paese ricco, il secondo un continente che ospita potenze globali come Germania, Francia, Italia, Spagna. Tuttavia il metro finanziario che possiamo applicare a queste realtà e quello che invece si deve utilizzare per gli Stati Uniti sono molto diversi.
Per ogni euro investito in ETF in Europa ce ne sono circa 6,5 negli Stati Uniti. Potremmo ricavarne un metro piuttosto grezzo: se dovessero mantenersi le proporzioni, dato che in UE si sono raccolti circa 2,5 miliardi di dollari all’interno di tali prodotti, negli USA potremmo vederne oltre 16.
Riteniamo però che ci siano anche altri fattori che potrebbero portare in alto quel numero: su tutti la presenza di BlackRock.
iShares può fare la differenza, in positivo
In termini di raccolta iShares di BlackRock può fare la differenza. Non ha prodotti di questo tipo in Europa - dove lo scenario è dominato da ETC, 21Shares, CoinShares e WisdomTree. E ha una potenza di fuoco importante in termini di vendite.
Un intero esercito di promotori, di consulenti, di gestori del gruppo che alzeranno la cornetta per proporre l’ETF su Bitcoin. Qualcosa che in Europa non si è mai fatto e che probabilmente mai si farà.
Decentralizzazione
È una questione della quale si è parlato con una certa insistenza: con l’arrivo di certi giganti Bitcoin non sarà più… decentralizzato. In verità non abbiamo mai capito il fulcro di questa considerazione: Bitcoin funziona indipendentemente da chi ha in cassa appunto… Bitcoin. Perché il network e l’asset sono due cose separate. E perché abbiamo ottime prove del fatto che in passato - e nel presente -anche grandi dotazioni concentrate non hanno impattato sulla natura del network.
Grayscale
Ha da diverso tempo più di 600.000 Bitcoin in cassa tramite il suo trust. Questa enorme quantità di Bitcoin - che tra le altre cose non possono essere richiesti dai detentori delle quote - non hanno mai attribuito poteri particolari a questa azienda.
Anche durante le Blocksize War - qui un ottimo libro se non eri ancora un appassionato di Bitcoin durante quel periodo - Grayscale non poté fare nulla se non cercare di radunare i diretti interessati (per tramite della controllante DCG).
MicroStrategy
Per quanto la società di Michael Saylor abbia già accumulato quasi 200.000 Bitcoin - non sembra che al caro vecchio Saylor siano attribuiti poteri specifici. Deve firmare le transazioni come fanno gli altri, non ha potere di tornare indietro e cancellare transazioni e deve sottostare alle regole di tutti.
È una questione di prezzo?
Probabilmente sì. Quello che intendono sull’impatto e sulla “decentralizzazione” riguarda il prezzo. Si teme - sbagliando - che una grande quantità di Bitcoin negli ETF rendano più facile il gioco di queste società, che per motivi non meglio precisati vorrebbero appunto affossare il valore di Bitcoin.
Ci sono due tipi di considerazioni che vanno fatte a riguardo: la prima è che una supposta Spectre che vuole affossare il prezzo di Bitcoin certamente non ha bisogno di aprire un ETF per fare certi pasticci. Non saranno tralaltro i gestori ad avere il potere di vendere i Bitcoin all’interno dell’ETF, ma questa è una storia che abbiamo già descritto in questo approfondimento.
C’è l’altra questione poi: se la preoccupazione è che una sola entità giuridica accumuli tanti Bitcoin, lo stesso problema si sarebbe dovuto porre con Grayscale, con MicroStrategy e con qualunque exchange di grandi dimensioni.
Quello che sospettiamo è che siano i signori in giacca e cravatta di BlackRock e compagnia - e sarà anche legittimo - a non piacere. Un network p2p e permissionless però lo è anche per la grande finanza. E se vuole comprare Bitcoin, da protocollo non si può fare nulla. E per fortuna, aggiungiamo noi, perché Bitcoin non può diventare un circolo di persone che ci piacciono, cosa che sarebbe sì uno snaturare la sua idea originaria.
Nelle tasche di pensionati, assicuratori, family office
La Trimurti che cercherà di mettere le mani sui tuoi satoshi o sui tuoi Bitcoin è costituita principalmetne da pensionati, da assicurazioni e da family office.
I pensionati, perché forse qualche fondo pensione deciderà per qualche allocazione, per quanto minima, nell’asset che su queste pagine abbiamo sempre considerato come quello generazionale, come forse l’unico ad avere caratteristiche tali da essere la grande occasione - non solo economica - di questa nostra generazione.
Le assicurazioni, perché potranno impacchettare l’ETF con allocazioni in fondi e in prodotti assicurativi di investimento. Anche questa categoria sembra che sia rimasta lontana da Bitcoin perché troppo poco… regolamentato.
E poi ci saranno i family office, delle strane organizzazioni che si occupano di gestire grandi patrimoni familiari, cosa piuttosto comune negli Stati Uniti. Anche loro potrebbero puntare, complice la semplicità dell’ETF, a prendersi qualche Bitcoin.
A provare.
Perché rimane tua la scelta di vendere o meno a chi, fino a qualche settimana fa, ci prendeva tutti per matti. Matti di Bitcoin.