Tre DISASTRI attendono BITCOIN e crypto nel 2026: cosa dicono gli ANALISTI top
Quantum, ma anche Federal Reserve e politica: si annuncia un anno caldo sotto il profilo del FUD
Caro investitore,
È in arrivo un’ondata di FUD - la narrativa della paura - su Bitcoin. Si giocherà lungo tre diversi binari e tre diverse idee. Ognuna ha del merito, ma è stata già grandemente esagerata ai piani alti e probabilmente lo sarà sempre di più nel nuovo anno.
La prima riguarda il quantum computing: tali bizzarri computer, che potrebbero rompere la crittografia sulla quale si basa oggi il mondo, sono una minaccia per Bitcoin. E di più, gli sviluppatori Bitcoin non starebbero facendo nulla per implementare possibili soluzioni. Di più ancora: per più di 1 milione di Bitcoin (poco meno del 5% che sarà mai in circolazione) non c’è soluzione. E dunque siamo tutti perduti.
La seconda riguarda le elezioni midterm USA. Sono elezioni storicamente avverse al presidente in carica negli Stati Uniti. Potrebbero riconsegnare la maggioranza nelle mani dei democratici, che come è noto non hanno simpatia per Bitcoin e crypto.
La terza è più tecnica: negli USA non si procederà ad ulteriori tagli ai tassi. O saranno così striminziti da non regalare a Bitcoin quel mondo di liquidità di cui avrebbe tanto bisogno.
Sono tre macigni che ammazzerebbero qualunque asset. Figurarsi un asset sbilenco e volatile come Bitcoin, il vero personaggio in cerca d’autore del mondo della finanza e degli investimenti. Ma è tutto vero? Sì, ma solo in parte.
Quantum: i supercomputer accelerano e si preparano a sfasciare Bitcoin
Bitcoin - ripete chi non lo conosce a fondo - è basato ampiamente sulla crittografia. Altrimenti non avrebbe dato il via al filone che oggi prende il nome di mondo delle criptovalute, giusto? No, non è corretto. In realtà i problemi di Bitcoin relativi ai quantum computer e alla possibilità che sfascino la crittografia (poca) che Bitcoin utilizza sono più tecnici.
La buona notizia è che in poche centinaia di parole potremo capire non solo qual è il problema, ma anche la fonte di preoccupazioni (probabilmente esagerata) da parte di qualche analista.
Cosa può sfasciare davvero il quantum computing
Qualche parola per capire cos’è davvero Bitcoin, cosa non semplice, perché Bitcoin è tante cose.
ASSET: Bitcoin è un asset, che gira sul suo network e che ha un valore economico.
NETWORK: Bitcoin è anche il network che permette di scambiare questo asset (possiamo farlo tecnicamente altrove, ma in natura Bitcoin “esiste” solo sul suo network).
PERSONE: il possesso di tutti i Bitcoin in circolazione è attribuito a persone, che controllano uno o più indirizzi, che a loro volta controllano transazioni in ingresso e in uscita. Questo è il punto forse meno comprensibile di Bitcoin: il vostro indirizzo non controlla $BTC, che non esiste da solo, ma ha potere su determinate transazioni in ingresso, che può trasformare in transazioni in uscita.
LE FIRME: la crittografia di Bitcoin incide soltanto su una parte del funzionamento di Bitcoin. Per inviare “BTC” dobbiamo firmare la transazione, che dimostra appunto che siamo noi, i veri possessori di quei Bitcoin, a decidere di inviarli ad altri.
I quantum computer possono risalire “facilmente” alla firma che utilizziamo, alla chiave privata, anche se soltanto in alcuni casi. Cosa succederà quando saranno in grado di risalirvi? Potranno firmare (in alcuni limitati casi) al posto nostro e dunque inviare ad altri i nostri Bitcoin. Il sistema, che è basato sul fatto che ognuno ha pieno controllo dei propri Bitcoin, ne uscirebbe malconcio.
Come potrebbe mai esistere un sistema - per fare un parallelo - dove non serve una “password” per accedere a un qualunque conto bancario?
Messa così la questione è piuttosto terrificante: sembra una lotta contro il tempo che non potremo mai vincere e presto o tardi (per alcuni più presto che tardi) dovremo fare i conti con la distruzione totale della fiducia che si può avere nel network.
Fortunatamente però le cose NON stanno così. O meglio, non esattamente.
NOTA: il più preoccupato è Nic Carter, storica voce del settore (anche se spesso in contrasto con i “massimalisti Bitcoin”) che parla qui di sviluppatori Bitcoin sonnambuli verso il disastro. La sua teoria si basa su due questioni entrambe da verificare:
Ci sono grossi investimenti sul “quantum” e dunque si arriverà a certi risultati prima del previsto;
Gli sviluppatori Bitcoin non stanno facendo nulla per preparare Bitcoin all’evento (e si può fare, almeno in un certo senso).
Si può fare qualcosa?
Assolutamente sì: si possono trasformare gli indirizzi Bitcoin in indirizzi quantum resistant, ovvero che resistono all’attacco del quantum. Il problema è nello specifico per:
Vecchi indirizzi P2PK anche se non hanno mai speso Bitcoin, mostrando così la loro chiave pubblica, dalla quale derivare poi la chiave privata;
Vecchi indirizzi P2PKH se sono stati utilizzati anche per spendere Bitcoin.
Sono al sicuro gli indirizzi P2WPKH / P2SH-wrapped / bech32 segwit non ancora usati per spese.
Gli altri due problemi
Gli altri due problemi sono forse di più difficile soluzione:
Fondi starebbero tirando il freno a mano: non tanto per il problema in sé, che può essere parzialmente risolto, ma per il punto che segue;
Gli sviluppatori non stanno facendo nulla: ovvero non si stanno interessando di una questione che potrebbe diventare concreta tra poco.
Il secondo dei problemi è grandemente esagerato: ci sono discussioni, anche accese da tempo - e ci sono già soluzioni parzialmente individuate. Si dovrebbe accelerare? Probabilmente sì, ma da qui al disastro già raccontato da certi analisti ce ne passa, almeno per ora.
La “nostra” verità
Ci sono verità nelle preoccupazioni:
La rotazione degli indirizzi impiegherà mesi, prima si farà, meglio è, ammesso che tutti abbiano le chiavi dei loro wallet attuali;
Per una quantità importante di Bitcoin, le chiavi sono state perse e sono del tipo che può essere facilmente attaccato.
Si dovrà decidere cosa fare di questi Bitcoin: congelarli? Sarebbe un precedente pericoloso. Farli riversare sul mercato? Sarebbe un precedente altrettanto pericoloso. Il consenso, che poi è il vero motore di Bitcoin, dovrà scegliere il male minore. E il tempo stringe, relativamente.
Sarà una questione importante, che probabilmente spaccherà una community non sempre capace di discutere con modi civili. Ma da qui a ritenere Bitcoin morto ce ne passa. E al netto del grande interesse che sta riscuotendo la questione a certe latitudini, riteniamo che sia, almeno per ora, grandemente ingigantita, anche con scopi non sempre chiari.
Elezioni USA: le midterm schiacceranno Donald Trump
La cosa curiosa per noi appassionati di Bitcoin è che anni in questo mercato ci hanno costretto a diventare anche degli appassionati di elezioni USA. È un problema, non solo perché sono mediamente noiose, ma anche perché avvengono con una frequenza sconosciuta per noi italiani ed europei in generale.
A metà mandato del Presidente degli USA, a novembre del secondo anno per la precisione, hanno luogo quelle che tutti chiamano le midterm, ovvero le elezioni di metà mandato. Non riguardano però il presidente degli USA, ma la composizione della House e di 1/3 del Senato. Il rischio - per chi non lo avesse capito - è quello di avere il presidente di un segno (partito politico) e il ramo legislativo di un altro, situazione che porta alla paralisi o costringe ad accordi tra le parti per praticamente qualunque norma si voglia far passare.
Cosa ci dicono le previsioni?
Le previsioni a un anno da un appuntamento elettorale valgono molto meno di quelle a ridosso delle votazioni, le quali valgono già poco più di zero. Le previsioni raccolte da RacetoTheWh.com, che fa una sintesi dei diversi sondaggi diffusi, parla di possibilità al 63,5% che i democratici vincano la House, con una proiezione superiore ai 225 seggi ottenuti.
Non sarebbe una novità. Statisticamente le elezioni midterm sono molto difficili per il partito che controlla la Casa Bianca - e questo porta a problemi per il Presidente (in termini di leggi che riesce a far approvare) - per la seconda parte del suo mandato.
Perché potrebbe essere un problema per le criptovalute? Perché i democratici sono storicamente ostili al settore, e lo sono ancora di più ora che il presidente in carica ha importanti interessi economici nel settore. E quindi la fonte di preoccupazione è più che solida. Vero? Dipende.
Corsa per avere anche il Clarity Act approvato prima delle midterm
Chiaramente non siamo soltanto noi - oppure ancora i giornalisti americani - a conoscere la situazione pre-elettorale. Ed è per questo che per quanto concerne il Clarity Act (il complesso di leggi che aprirà ulteriormente i mercati al mondo crypto negli USA) tutti stanno spingendo sull’acceleratore. Ci sono stati problemi, si devono trovare ancora dei voti al Senato (dove serve una maggioranza di 60 su 100 e che già oggi prevede dunque un ok da almeno una parte di democratici) ma ci si sta lavorando.
Se il testo non dovesse essere approvato in forma definitiva prima delle midterm, il rischio che si concretizzino tanti passi indietro è reale. Tuttavia, manca quasi 1 anno, le risorse politiche sono in buona parte concentrate sul tema e possiamo ancora spuntarla. O meglio, possono spuntarla coloro i quali ritengono una maggiore apertura al mondo crypto positiva per gli USA e per il mondo intero.
Di cosa non tiene conto, inoltre, questo Fud
La manovra dell’attuale governo USA - nel quale includiamo anche SEC e CFTC - è in realtà a tenaglia. Mentre c’è uno stallo nel ramo legislativo, le agenzie governative stanno accelerando in modo importante, favorendo aperture, talvolta imponendole, facendo da spalla anche a player del mondo finanziario tradizionale che vogliono addentrarsi nel settore.
Qualche esempio?
Nasdaq sta già procedendo con la tokenizzazione delle azioni;
NYSE probabilmente seguirà;
DTCC ha già attivato un programma di tokenizzazione dei bond USA e lo applicherà anche ad altri asset;
JPMorgan ha intenzione di offrire il trading crypto ai propri clienti;
Vanguard ha attivato l’accesso agli ETF crypto per i propri clienti;
Alle banche “crypto” sarà concesso un account (limitato) da Fed;
L’operazione ChokePoint 2.0 è stata invertita;
Si lavora ancora alla riserva di Bitcoin, per blindare quantomeno quelli già in possesso del governo USA.
Se anche solo la metà di queste iniziative dovesse andare in porto, saremmo davanti a un’apertura già troppo ampia per essere contenuta da un’eventuale House di segno inverso.
È una manovra che sta funzionando - che trasformerà le crypto e le loro infrastrutture in un dato di fatto e che renderà ogni passo indietro pressoché impossibile.
Ma siamo sicuri che...
...la vittoria dem sarà schiacciante? Le proiezioni di voto degli ultimi anni sono state tutte più favorevoli dei numeri poi reali alla parte avversa a Donald Trump.
Potrebbe anche uscirne un distacco molto più risicato e per questo meno importante per il futuro del mondo crypto. Anche questa è una considerazione da fare e della quale tenere conto prima di fasciarsi la testa.
Federal Reserve: resisterà ai tagli e chiuderà rubinetti liquidità
Anzi, sarebbe forse il caso di dire che non li aprirà. Anche qui per capire sarà utile fare un breve riassunto della situazione attuale, di come ci siamo arrivati e di quali saranno eventualmente gli sviluppi:
Fed è ancora in territorio restrittivo. Questo vuol dire che tassi e postura di Fed sono ancora di quelli che drenano liquidità invece di aumentarla (al netto di un modesto piano di acquisto di titoli di stato);
C’è stato un taglio ai tassi a dicembre, che però ha visto un FOMC votare spaccato (e che emergerà ancora più spaccato dai verbali che verranno pubblicati in futuro);
A maggio Jerome Powell, che Trump ha elevato al rango di suo nemico personale, andrà via. E sarà rimpiazzato con ogni probabilità da un suo yes man, per intenderci uno che sarà disposto ad accontentare il presidente.
E cosa vorrebbe il presidente? Semplice: tassi più bassi.
Con la situazione di cui sopra, in diversi (per motivi oscuri a chi vi scrive) ritiene che il 2026 sarà un anno di lacrime e sangue sul fronte dei tassi.
Primo punto importante: il FOMC ruoterà
Ci saranno quattro uscite e quattro ingressi da gennaio. Non cambierà molto degli equilibri, fino a quando non arriverà maggio, che vedrà Jerome Powell rimpiazzato dal suddetto yes man di Donald Trump. Cosa che sbilancerà ancora di più il FOMC verso i tagli, come nella grafica che alleghiamo, sarà ben disposto per misure di politica monetaria anche ingiustificatamente dovish.

Con una composizione del genere del FOMC rimane estremamente difficile pensare che ci sarà un anno di lacrime e sangue, anche nel caso in cui l’inflazione non volesse saperne di tornare su livelli più accettabili e comunque più in linea con il target del 2%.
Secondo punto importante: le dichiarazioni dei singoli contano poco
Hammack, che sarà tra i votanti da gennaio, ha già affermato pubblicamente di essere contraria ai tagli. È il suo biglietto da visita, in realtà non necessario, perché tutti conoscono Hammack come falco estremo, come se ne vedono soltanto nelle divisioni locali di Fed (i membri del board sono storicamente più dovish).
Sono pareri affermati in libertà, da parte di un membro votante del futuro su dodici. E che ci sembrano materiale troppo fiacco per organizzare un pensiero negativo (o meglio restrittivo), sui tassi del futuro.
Terzo punto: ci sarà uno yes man a capo di Federal Reserve
Per capire quanto sarà decisivo questo passaggio, sarà il caso di capire un attimo come funziona il FOMC. In dettaglio lo abbiamo fatto qua, soltanto poco tempo fa. Qui ci torneremo necessariamente più in breve:
Votano in 12: sono 7 membri del board, 5 membri di divisioni locali di Federal Reserve, che ruotano;
Un voto a testa, quindi tecnicamente anche il governatore/presidente, ovvero ora Jerome Powell, ha un solo voto;
In realtà però, e per motivi facilmente comprensibili, l’opinione del governatore/presidente conta di più, e gli altri tendono a convergere;
Pochi riottosi: nell’ultima riunione ci sono stati 3 voti contrari alla linea di Powell, ma è una rarità, più che la norma. In genere si tende ad allinearsi verso il parere espresso dal presidente/governatore.
Quindi, cambiando il presidente/governatore (per ora il nome è un mistero), cambierà tutto l’atteggiamento di Federal Reserve. Che in un certo senso dovrà dipendere dai dati, ma... fino a un certo punto.
Quarto punto: ti ricordi di...
I debiti sovrani, compreso quello USA, difficilmente potranno sostenere o tassi alti o comunque una politica monetaria restrittiva a lungo. E le banche centrali, anche quelle che non potranno contare sullo yes man di Trump, dovranno forse venire a patti con un maggiore lassismo.
Qui ne avevamo parlato qualche tempo fa - e vale la pena di ricordare al mondo intero che non è cambiato assolutamente nulla da quella situazione. Nessun taglio alla spesa, anzi paesi europei (vedi Francia, su tutte) che probabilmente continueranno ad aumentarla, vuoi per ragioni di difesa, vuoi perché di spese per cercare di sostenere la crescita (sbilenca e flebile) se ne dovranno fare.
In un contesto del genere, inserendo anche Fed a sistema, di un 2026 fatto di lacrime e sangue monetarie, non ce ne aspettiamo granché. Il tempo eventualmente si preoccuperà di smentirci.
Unica possibilità? Un ritorno feroce dell’inflazione.



