Crypto e Bitcoin: ABBIAMO PERSO! L'Europa regola, l’America raccoglie
Tutti i dati, i problemi, gli attacchi - e qualche impavido privato che prova a riportare giustizia a spese... sue
L'Europa dei regolamenti, l'Europa della riduzione del rischio, l'Europa del MiCA. A mesi di distanza dall'ingresso dei nuovi regolamenti anche per il mercato crypto - la situazione è ormai matura a sufficienza per fare un punto della situazione che illustri cosa sta succedendo in Europa, perché - e che tipo di effetti potrà avere sugli investitori che puntano su Bitcoin o sulle altre criptovalute.
La situazione non era eccellente prima del MiCA - e non lo sarà neanche dopo. I mercati europei infatti soffrono di problemi strutturali che esistono da prima del mondo crypto e che probabilmente gli sopravviveranno.
In questo nostro speciale troverai:
Una disamina della situazione crypto nell'Unione
Come si stanno muovendo i principali exchange
Cosa puoi aspettarti da questo mercato
Qualche appunto sulla situazione negli USA, anche per chi investe in azioni crypto
Le alternative libere che hai per operare come preferisci
Europa: avevi davvero bisogno del MiCA?
Risposta da crypto bro di lunga data: no. Sia Bitcoin sia il mondo delle criptovalute e della DeFi si muovono senza problemi seguendo le uniche regole che hanno scelto di far contare, quelle del codice.
Bitcoin non ha bisogno di regolamenti esterni per funzionare come fa e come deve. È tutto scritto nel codice, è tutto confermato dalla Proof of Work, tutto è mantenuto equo da decine di migliaia di nodi che verificano che tutto sia in ordine. Nessun regolamento può impedire il funzionamento di Bitcoin o anche soltanto pensare di alterarlo.
MiCA: cosa ha portato finora
✅ Chiarezza regolamentare per alcuni attori istituzionali
❌ Costi sproporzionati per operatori di piccola/media taglia
❌ Rischio di monopolizzazione dell’offerta
Stesso discorso per la DeFi: la finanza decentralizzata funziona tramite Smart Contract e non ha bisogno di alcun decreto per fare quello che fa tutti i giorni, tutto il giorno. Ci sono certamente delle storture, degli errori, delle attività degne di attenzione da parte delle procure, ma niente, ancora una volta, che può essere fatto onchain con il voto di maggioranza.
La risposta è sì, per chi ha un po' di sale in zucca
Ci perdonerete la franchezza, ma sì, l'Europa aveva bisogno del MiCA in quanto sarebbe stato assolutamente impensabile lasciare al libero arbitrio dei partecipanti la gestione di un settore che muove ciò che di più controllato esiste nel mondo moderno: il denaro.
Su come tale tentativo di controllo sia stato esplicitato e su quali siano stati gli effetti immediati (e quali saranno quelli di lungo periodo) si potrebbe dibattere per mesi. Noi proveremo a farlo da qui, in questo speciale.
Sopravvivere al MiCA, da Europei
✅ Usa exchange che hanno licenza MiCA
✅ Valuta una strategia su più mercati, soprattutto per le azioni crypto
✅ Ricorda che sei un cittadino libero e hai tutto il diritto di usare Bitcoin, crypto DeFi.
✅ Fatti sentire. Se non sei d'accordo con le ultime evoluzioni, contatta i politici eletti nella tua zona.
A carico dei privati
Anche se gli operatori di mercato si dicono chiaramente entusiasti dell'arrivo di nuove e più stringenti regole, la verità è che quanto imposto dal MiCA, rispetto al regime di semi-anarchia precedente è a carico esclusivo degli operatori privati.
Operatori privati che devono farsi carico non solo della registrazione in uno dei paesi membri, ma anche di altre attività come il trasferimento degli account europei sulle loro infrastrutture europee, della separazione fisica dei mercati e di tante altre questioni imposte dal regolatore e non sempre lineari né sul piano razionale né su quello logico.
L'esempio di Bybit
Chiaramente gli intermediari che hanno interesse a rimanere in Europa non possono che seguire il percorso imposto dall'UE e farsi carico di mille tra oboli, cambiamenti, trasferimenti e regolamentazioni.
Il caso di Bybit è il più emblematico. Tra i più grandi exchange del mondo - anche utilizzando l'unico metro che conta, quello della liquidità - ha ottenuto registrazione in Austria (uno dei paesi più severi in termini di controlli) e il 1° luglio andrà a lanciare la sua piattaforma 100% europea.
Per invogliare gli utenti a un passaggio indolore e preventivo, ha messo a disposizione 5$ di bonus - che usciranno dalle tasche dell'exchange stesso, a testimonianza di quanto dicevamo poco sopra.
Operazione grandemente meritoria - dato che il contesto è appunto... dato e non si può modificare e dato che c'è modo e modo di navigare acque che in pochi avrebbero scambiato per la pozzanghera che si è rivelata essere quando si iniziò a parlare di MiCA. Proprio di questo passaggio europeo parleremo con il BD di Bybit - per i nostri lettori - in una live YouTube aperta a tutti, con DOMANDE LIBERE e per rispondere a tutti i vostri dubbi.
Privato contro pubblico
Qui la questione si fa filosofica. C'è chi ritiene che ovviamente sia responsabilità dei privati rispettare le regole imposte dal settore pubblico. Il che è vero, ma è anche vero che il continente europeo non può lamentarsi al tempo stesso di essere poco attrattivo per gli investimenti e voler imporre norme spesso draconiane.
Ad ogni modo - impavidi privati stanno portando avanti il mercato per i clienti europei che altrimenti si troverebbero a scegliere da un parco di intermediari sempre più ridotto, e quindi sempre più monopolistico e dunque sempre più costoso.
Non esattamente un posto ideale dove trovarsi se si vuole essere, anche di rimbalzo, culla di un qualunque tipo di innovazione.
I capitali vanno attirati
Il tema MiCA si incrocia con altre questioni che riguardano il mercato dei capitali in Europa, ritenuto asfittico anche dai diversi Ministeri dell'Economia e delle Finanze degli stati membri. Si tuona, anche dall'Italia, che la frammentazione dei mercati di capitali aiuta poco, che gli investitori investono poco nell'azionario (ad esempio) e che più in generale la distanza con gli USA va aumentando invece di diminuire.
Erano questioni che si potevano risolvere con il mondo crypto? Forse no, ma comunque anche su questo fronte siamo passati dal superare gli USA proprio per un regime più liberale a, ancora una volta, inseguire.
Il caso degli ETF/ETN/ETP
Il discorso è completamente dominato dagli ETF quotati negli USA, anche per gli incredibili numeri che stanno facendo registrare. BlackRock da sola ha superato negli USA i 40 miliardi di capitali raccolti per il solo Bitcoin, mentre in Europa, sullo stesso titolo (anche se lanciato più tardi) non supera i 400 milioni.
Rapporti di 1:100 che però devono essere inquadrati anche tenendo conto della situazione pregressa. Fino a gennaio 2024 l'Europa era il paradiso per chi voleva lanciare ETF/ETN basati sulle crypto. Tant'è che in Europa ne erano già disponibili a decine - anche su asset crypto poco solidi - mentre negli USA continuavano ad arrivare porte in faccia a chiunque ne proponesse uno, anche a tema Bitcoin.
Un privilegio che presto rischiamo di perdere: gli USA stanno accelerando e in Europa la scarsa attrattiva di certi prodotti (ETN, ma anche ETF) ha fatto il resto.
Un segnale da portare a casa: in Europa quando il regolatore si auto-limita si può fare meglio e più velocemente degli USA. Anche con un mercato di capitali che vale 1/100 o poco più.
Abbiamo banche che sono all'avanguardia
No, non parliamo del caso italiano di acquisto di una decina di Bitcoin da parte di un grande e noto gruppo bancario. Parliamo di gruppi bancari che - nonostante il parere contrario di BCE - continuano a sperimentare in settori che sono molto attrattivi e che almeno a livello globale stanno attirando un'enorme quantità di capitali.
SOCIETE GENERALE: è il gruppo bancario francese che ha già emesso una stablecoin, EURCV e che si appresta a lanciarne un'altra, USDCV. Come è desumibile dal nome, la prima è sull'Euro e la seconda sul Dollaro. La situazione è così tesa con BCE che ci sono stati anche scontri pubblici in convention dedicate al settore e probabilmente non sarà finita qui, perché come vedremo più avanti negli intenti di BCE c'è quello di rivedere il MiCA a tema stablecoin in senso ancora più restrittivo.
C'è una ragion di Stato dietro: BCE vuole lasciare il campo più libero possibile all'Euro Digitale, che già non piace alle banche e che tra la popolazione generale di fatto nessuno ha richiesto.
DEUTSCHE BANK: con divisioni e spin off è molto attiva nel settore crypto e starebbe esplorando anch'essa la possibilità di emettere una stablecoin. Sono ancora voci di corridoio, ma è comunque segnale del fatto che, lasciate con la stessa libertà che si trova altrove nel mondo, anche i nostri gruppi bancari sono in grado di guardare alle tecnologie più affascinanti per i mercati. E soprattutto, sono in grado di sperimentare.
SANTANDER: anche Santander sta esplorando il settore crypto stable. Anche questa volta - dato che si trova in Europa - combattendo contro una BCE che è fortemente avversa a questi sviluppi. Di contro, negli USA, ai gruppi bancari del mondo dell'economia classica vengono stesi tappeti rossi proprio nel settore stable.
Una partita che rischiamo di perdere - così come rischiamo di perdere i relativi profitti - combattendo una guerra di retroguardia a difesa più della ragion di Stato che degli utenti, che in libertà hanno scelto, per miliardi di euro, di affidarsi a queste tecnologie.
L'emblematico caso stablecoin
Partiamo dalla vera bomba: è ormai il segreto di Pulcinella la volontà di BCE di spingere a una revisione delle regole sulle stablecoin in senso restrittivo. Questo perché, come abbiamo visto sopra, si vorrebbe avere campo più che libero per l'emissione e la diffusione dell'Euro Digitale. Dato che siamo su un Magazine dedicato al mondo delle criptovalute, non vi ammorbiamo con giudizi politici.
La cosa però è il simbolo del vento che spira dai palazzi di Bruxelles e Francoforte:
👉 Lotta dura agli USA, cercando di bloccare le tecnologie che stanno avendo successo oltreoceano;
👉 Tentativo di recuperare con interventi pubblici ciò che si è perso in territorio privato;
👉 Tentativo di arginare una rivoluzione quasi invisibile... con la caccia alle streghe!
Meriterebbe una trattazione separata inoltre la revisione del MiCA in senso restrittivo per le stablecoin. Le regole attuali hanno già estromesso un grande player, Tether, che era il più utilizzato dagli utenti in regime di libero mercato, favorendo così il rivale Circle.
Cosa si è ottenuto in cambio? Poco o nulla. Date le cervellotiche regole per la custodia imposte dal MiCA, Circle continua a detenere le proprie riserve negli USA, ha un piccolo ufficio a Parigi che paga qualche stipendio e il grosso del business rimane oltreoceano.
A proposito, ci rimane anche la quotazione in Borsa, che è avvenuta al NYSE e che passerà alla storia come una di quelle più di successo di sempre nella storia del mondo crypto e della finanza tradizionale.
Tornando al punto di prima: a prescindere dall'orientamento politico di ciascuno, non si può avere la moglie ubriaca e la botte piena. Non si può avere un florido mercato dei capitali privato se il pubblico vuole dare sempre le carte, decidere vincitori e vinti e entrare a gamba tesa (e con capitali quasi infiniti) in una lotta che altrove offre prosperità proprio perché è libera e tra privati che se ne assumono i rischi.
Europa vs Mondo: dove cresce davvero il settore crypto
Tarpare le ali agli istituzionali - e anche alle società quotate
Delle due l'una: o gli europei hanno una tara genetica che non permette loro di operare come fanno gli americani (che storicamente hanno più successo in campo finanziario), oppure questo profluvio di regole ha degli effetti.
L'ultimo caso da analizzare, tornando agli istituzionali, è quello degli investimenti in crypto. Ci limiteremo al solo caso Bitcoin, che è forse l'unico degli asset crypto che ha pienamente status di asset effettivo anche nei circoletti che contano di più.
Strategy: accumula miliardi in Bitcoin, anche e soprattutto grazie alla sua capacità di raccogliere capitali in un mercato molto florido. Non è qualcosa di cui andare fieri? I volumi sono volumi. E quelli che ci sono negli USA non possono essere in Europa.
Twenty One Capital: Tether, Bitfinex e Softbank avrebbero potuto scegliere qualunque mercato per quotare la propria società che investe in Bitcoin. Hanno scelto gli USA. Perché?
Tutte le altre: possibile che le società europee che investono in crypto e sono quotate siano al massimo un paio e invece negli USA il trend stia procedendo a tutta forza? Cosa c'è che non convince chi deve compiere questo tipo di operazioni?
Sono domande alle quali dovrà dare una risposta chi impone certe regole che poi sono responsabili del clima che si respira. Un clima che da tempo non è dei migliori e che sta prosciugando ogni possibilità che ha l'Europa di competere. Anche in un settore nel quale era in vantaggio e dove si trova, di nuovo, a inseguire.
C'è soluzione? L'altro scoop: c'è chi prepara il colpetto al MiCA
In realtà nelle stanze meno pubbliche e meno trafficate dai giornalisti sta montando un sentimento contrario a quello di BCE. C'è chi vorrebbe, per quanto per ora in minoranza, preparare un'Europa pronta a accogliere certi investimenti e possibilmente a guidare il settore.
L'impresa è titanica, lo sforzo probabilmente disumano, ma varrà la pena di provarci. Perché in realtà l'Europa ha tanti capitali e cervelli in fuga, di quelli che potrebbero competere con gli USA almeno su un settore ancora in nuce e che mette tutti allo stesso livello, anche gli inseguitori. Non sarà facile farlo, ma il fatto stesso che esista una resistenza è forse più di quanto era lecito aspettarsi.
Tutti i giornali infatti fanno da megafono a pareri di BCE che non solo non sono necessariamente maggioritari tra la popolazione, ma che non piacciono troppo neanche alle banche. Lo stesso Patuelli, ABI, ha mostrato in pubblico qualche preoccupazione sull'arrivo dell'Euro Digitale, che sarebbe un altro duro colpo sull'autonomia delle banche, anche in senso patrimoniale e di operatività.
Il tutto in un settore che soffre tanto la mancanza di pareri autorevoli e dove si stanno sedimentando opinioni ai limiti del pensiero magico. Opinioni contro le quali si è scagliato qui il nostro direttore Alessio Ippolito.
Un substack portentoso come sempre caro @Gianluca Grossi e non lo dico perché di parte. Mi è piaciuta tantissimo questa newsletter e il punto di vista lo condivido, avevamo bisogno di una regola, importante che non sia eccessivamente stringente. Non vogliamo fare i pirati ma nemmeno i carcerati.
Personalmente tornerò anche io sull ‘argomento nella mia sesta newsletter di lunedì prossimo